mercoledì 18 gennaio 2017

Era una casa (a not-so-childish song for a hand-made dollhouse)


A sneak peek of the dollhouse a very creative –I’d say also volcanic, and pour cause, since Naples lies by the Vesuvius - Neapolitan mum has built and furnished for her daughter. Sarah Galmuzzi, this is the name of the author, has made it so stylish and so surprising, with its ingenuity and its exuberant mix and match of shapes and proportions and colours and prints and its clever, critical upcycle of things!


This is not the plastic décor of a mass-produced, pre-assembled plastic dollhouse for plastic dolls. No, no. This is the vision of a girl come true, a twisted, scissors-cut and zig-zagged dream made of cardboard, glue, wood, fabric, staples, strings and whatever else I don’t know but imagine.


A dollhouse that steals the scene to Sergio Endrigo, late Italian songwriter who wrote a famous and cherished child song about a cute (and crazy) house with no ceiling no kitchen, no bed, no floor, no potty.



Well, this is truly complete, instead. So unique and so #dollcultural.
Enjoy a visit and get inspired from basement to attic.



Una sbirciatina della casa per bambole che una mamma napoletana molto creativa – vulcanica, anzi, e ben a ragione, vista la presenza del Vesuvio – ha costruito e arredato per sua figlia.


Sarah Galmuzzi, questo è il nome della realizzatrice, l’ha fatta, questa casetta, così stilosa e sorprendente, piena di ingegnosità e di una miscela esuberante di forme proporzioni colori stampati e con un reimpiego intelligente e critico delle cose!


Questo non è il décor plastificato di una casa di plastica per bambole di plastica prodotta in serie. No, no. Questa è la visione di una bambina-ragazza realizzata dal vero, un sogno sghembo e sforbiciato e seghettato di cartone, colla, legno, stoffa, punti metallici, spago e qualsiasi altra cosa io non so ma immagino.


Una casetta che ruba la scena a quella della canzoncina di Sergio Endrigo - quella famosa là, senza soffitto senza cucina senza tetto senza pavimento senza vasino (!!!).  



Beh, invece in questa c'è tutto - è così completa. Unica e così #dollcultural.
Godetevi la visita terra-cielo.

ph Sarah Galmuzzi - thanks!

martedì 3 gennaio 2017

Not just about a "Don't eat"


This is Barbie’s miniature book found in 1965’s Slumber Party outfit and among those bit & pieces of my vintage collection. The question is not “Oh, lovely booklet” or “Yes, it’s right! After the Festive Season everybody must diet!” 

NO. The question is that the 1965’s lifestyle model conveyed by Barbie wanted an imperative as absolute and dis-educational as stopping eating to be the solution for all those unhappy moments of a teenage model with  a teenager appetite - instead of suggesting “Do sport” or recommending some other wiser tips. 

The outfit included a scale, too, and this scale was set to a weight almost equivalent to 50Kg - which is not a too strange weight, I mean. Nevertheless, the scale was removed from the outfit one year later. What wasn’t removed or replaced is the miniature “DON’T EAT” book.

So, what’s the babyboom years’ message? An incomplete message, where a scale is a scandal and a “DON’T EAT” is a strategy. 

And the evolution of this concept? Still inconsistent IMO.
I copy from a Daily mail article: “These days, a healthier body image is being impressed upon young girls who wish to play with a bedtime Barbie. Barbie Pyjama (sic!) Doll comes with accessories including a lamp for reading, an eye mask for getting an undisturbed night's sleep, face cleanser, a mirror, a cuddly bunny, a hairbrush and a mug of hot cocoa.” 

If a chocolate mug seems to you healthy before spleeping. Does it?
I think this is still a useless message to address to a preponderantly overweight society (and collectors’ community).


Questo è il librettino in miniatura che si trovava nell’outfit di Barbie del 1965 Slumber Party - e tra le minuzie della mia collezione vintage. La questione non è “Oh, che carino!” oppure “Sì, giusto! Dopo le feste tutti devono mettersi a dieta!”


NO. La questione è che il modello di stile di vita veicolato da Barbie nel ’65 comportava un imperativo così assoluto e diseducativo come smettere di mangiare quale soluzione per quei momenti un po’ infelici di una modella diciannovenne con un appetito da diciannovenne – anziché suggerire “Fa’ sport” o dare più sagge raccomandazioni.


Nell’outfit c’era anche una bilancia e questa bilancia era bloccata su un peso più o meno equivalente ai nostri 50Kg – che non è poi un peso così strano, voglio dire. Nondimeno, la bilancia fu rimossa dalla confezione l’anno successivo. Quel che non fu rimosso o sostituito fu il librettino “DON’T EAT” (= NON MANGIARE).



Qual è dunque il messaggio degli anni del baby boom? Un messaggio incompleto, dove una bilancia è uno scandalo e un “NON MANGIARE” una strategia. 

E l’evoluzione dello stesso concetto? Secondo me, ancora incoerente. Copio (e traduco) da un articolo del Daily Mail: “Oggi, si vuole imprimere un’immagine del corpo più sana nelle bambine che giocano con una Barbie vestita per andare a dormire. La Barbie Pyjama (sic!) viene venduta con accessori come una lampada da lettura, una mascheraper gli occhi per dormire indisturbata, un detergente per il viso, uno specchio, un coniglietto da coccolare, una spazzola e una tazza di cioccolata calda.”

Se una tazza di cioccolata calda vi sembra sana prima di dormire. O no?
Io penso che questo sia ancora un messaggio poco intelligente da rivolgere a una società (e a una comunità di collezionisti) in prevalente sovrappeso.




venerdì 17 giugno 2016

Soap dolls and politics

Election Sunday here in Milan, with second ballot in two days to elect our Mayor. And I bumped into this late nineteenth century electoral gadget: a doll-soap (or soap-doll, in you prefer)! Should I somehow mean that politics is never enough clean? Or that politics makes bubbles?


Domenica di voto a Milano con ballottaggio tra due giorni per la scelta del nuovo sindaco. Io mi sono imbattuta in qsto gadget elettorale fine 800: una bambola-saponetta (o saponetta-bambola, se volete)! Devo forse intendere che la politica non è mai abbastanza pulita? O che fa le bolle?

ph source > The UT Tyler University Archives and Special Collections blog

martedì 14 giugno 2016

The #dollcultural blog is back!


It took an intriguing mail from ARTSY*** to bring me back to the blog. Plus some changes in my life, now allowing more motives to be here, with a kind of manifesto in 3 points.
1. Doll Cult-ure is interstitial: dolls are found even where you don't expect them
2. Doll Cult-ure is no mainstream (if not occasionally), and this reflects the way I am
3. Doll Cult-ure is transversal - it can say "doll" and mean food, art, fashion, design, travel, sensitive issues, entrepreneurship and joy of living.


Ci voleva un'intrigante mail di ARTSY*** per ricondurmi ancora al blog. Più qualche cambiamento di vita, che ora mi dà più motivi per essere qui, con una sorta di manifesto in 3 punti.
1. Doll Cult-ure è interstiziale: le bambole le trovi anche dove non te le aspetti
2. Doll Cult-ure non è mainstream (tranne in rare occasioni), e questo mi riflette per come sono
3. Doll Cult-ure è trasversale - può dire "bambola" e intendere cibo, arte, moda, design, viaggi, temi scomodi, imprenditorialità e gioia di vivere.


*** ARTSY, whose mission is making all the world’s art accessible to anyone, realized that my dollcultural approach is doing something similar. The excuse to contact me was a post I wrote in 2008 (!!!) on a LEGO artist, Nathan Sawaya. Starting from the link below, if you like, use ARTSY for future reference, you too!
https://www.artsy.net/artist/nathan-sawaya
*** ARTSY, la cui missione è rendere accessibile a chiunque tutta l'arte del mondo, ha notato che il mio approccio dollcultural fa qualcosa di simile. La scusa per contattarmi è stato un mio post del 2008 (!!!) su Nathan Sawaya, un artista che lavora col LEGO. Dal link qui sopra, se vi va, usate ARTSY come un riferimento.

ph: Nude_with_parasol_Martin_Munkácsi_1935_dollcultural; Nathan Sawaya Mannequin; a strange doll I photographed at Italian Doll Convention 2015

lunedì 9 giugno 2014

3 #dollcultural tales

When you create something, you tend to tell a private story to yourself first of all.
Or, I tend to meet people who do so.
I have 2 recent case histories: Veronica Menna aka Strawberryjdolls and Nickis Fabbrocile.
For timeline reasons, I'll prepare two separate posts. This one is about 3 of Veronica's hand made OOAK dolls and the related, brief intimate stories she had the courage to share in writing. The original Italian version will be integrally published, English just summarized.
*
Quando crei qualcosa, tendi a raccontarti una storia privata. A te prima che a tutti.
O almeno, a me capita di conoscere persone che fanno così.
Ho due case-histories recenti: Veronica Menna aka Strawberryjdolls e Nickis Fabbrocile.
Per ragioni cronologiche, preparerò due post separati. Qsto qui è dedicato a 3 delle bambole OOAK realizzate a mano da Veronica e alle loro brevi storie intime che lei stessa ha avuto il coraggio di condividere in forma scritta. L'originale in italiano viene pubblicato integralmente, l'inglese solo riassunto.

The Cage, the Doll and the Key


C’era una volta una bambola di carne e ossa, aveva dei sogni e quei sogni, poco per volta, una briciola per volta, le vennero portati via. La carne si trasformò in porcellana e le ossa in molle d’acciaio: La sua volontà, la sua sessualità e la sua libertà svanirono insieme ai sogni. Rinchiusa in una gabbia di parole, di accademismo e di stereotipi non si accorgeva che poco distante dai suoi piedi, sospesa sotto di lei, c’era la speranza. Ora solo lei può liberarsi, basta che guardi…

One fresh and bones, now porcelain, the doll in a cage of conventions doesn't realize that freedom is just under her feet!

Lussuria



Dondola, dondola, giocosa la bambola,
senza lo sguardo né pudore.
Dell’amplesso solo può godere,
assaggia la vita e fa solo rumore.
Non è ingorda, segue l’istinto.
Succinta, nell'abito rosso passione,
dondola, dondola giocosa la bambola,
senza vergogna né inibizione.

A joyful doll on a swing, tasting life without a gaze, a shyness, an inhibition.

Lo scrigno del gioco

Una bambina un giorno prese una bambola dalla scatola, iniziò a giocare e… "OH! Signorina non le ho ancora offerto il tè!" dicendolo versò alla bambola, in una minuscola tazzina immaginaria, un ottimo tè nero. Tutta contenta guardò la piccola bambola nuda ed esclamò: "OH! Signorina vuole sedersi?" e la bambola si accomodò su una comoda seggiola inesistente. Sospirando profondamente la bambina disse: "Ohh, signorina sa che è proprio bellissima? Anche io un giorno sarò come lei e berrò tè nero seduta su una comoda seggiolina!" Una donna un giorno si ricorderà di quando, da bambina, riusciva a far stare il suo futuro tutto in una scatola.

The mute, prefigurative dialogue of a young girl and a doll drinking fine black tea sitting on a chair. 

giovedì 1 maggio 2014

#areyoufun? I'm jealous


Some of my dolls belong, IMO, to those (just imaginary?) creative, young, urban, sensitive, digital, travelling, eclectic sociable people who love going places and experiencing new products and eating new foods maybe sharing online that all. So when they learnt I didn't bring them with me to #areyoufun party in Milan - Toyota #AYGO première, they were very jealous of me. Even more jealous, discovering for instance, an incredible buffet where drinks looked like gelées or lipgloss (I'd say that Ivana Carmen Mottola of #foodhouse had an amazing serving idea) or seeing my autoironic #selfie at the entrance.

Alcune delle mie bambole appartengono, credo, a quel popolo (solo immaginario?) creativo, giovane, urbano, sensibile, digitale, viaggiatore, eclettico, socievole che ama andare in giro e provare nuovi prodotti e mangiare nuovi cibi condividendo magari il tutto online. Così, quando hanno scoperto che non le ho portate con me al party #areyoufun a Milano per l'anteprima della Toyota #AYGO, sono state molto gelose di me. Ancor più gelose nello scoprire, per esempio, un incredibile buffet dove i drink apparivano sotto l'aspetto di gelées o lucidalabbra (direi che Ivana Carmen Mottola di #foodhouse ha avuto una stupefacente idea per servirli) e nel vedere il mio autoironico #selfie all'ingresso.



sabato 5 aprile 2014

A Neapolitan Limbo

Every time a friend of mine, being in Naples, sends/takes for me a pic of the famous doll hospital, I feel privileged beacuse of such sign of affection. Dolls and limbs and toys waiting in the limbo of that showcase is something moving.


Ogni volta che un amico/a, trovandosi a Napoli, mi manda/scatta apposta per me un'immagine del famoso ospedale delle bambole, mi sento privilegiata per tanto segno di affetto. Vedere bambole e membra e giochi in attesa nel limbo di qlla vetrina è qlcosa di commovente.

Thx Biancalisa!
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