domenica 23 marzo 2014

Dolls attending events: #snellobb04


A series of 4 cooking competitions under the Snello Blind Box label involved me as a professional in the last months. But never could I leave home without a doll. The contestants, my business partners and colleagues, the official photographer, many of the attendants were waiting for a doll at the entrance: Momoko (without knowing WTF doll she was, sincerely) or my everstarring Theo-doll as important guests (or party animals?) 



 
Una serie di 4 gare di cucinacontraddistinte dal nome Snello Blind Box mi ha coinvolto per lavoro negli ultimi mesi. Ma nemmeno una volta ho potuto lasciare casa senza una bambola. Concorrenti, soci e colleghi, fotografo ufficiale, molti dei partecipanti si aspettavano una bambola all'ingresso: Momoko (senza sapere che bambola fosse, devo essere sincera) o il mio sempre-protagonista Theo-doll nelle vesti di ospiti di riguardo (o di animali da party?)

 

ph Sergione Infuso

sabato 22 marzo 2014

Gaialight & Mila - symbiotic with a mannequin




On this blog I've already shared my reflections on some particular cohabitions of  people and dolls - it was about erotic dolls or so (just search within the blog with the keyword real doll, sex doll or dummy). Gaialight and Mila's is a different case. While the first is a visual artist sensitive to the infinite reproducibility of experiences, the latter is a sort of giant doll - actually, she's a beautiful, vintage life size fashion dummy - travelling the world together. Mila becomes a kinda second observer by Gaia's side, and mirrors transformations. Please read the artist's statement below:

THE MILA PROJECT

Mila is a life-size mannequin found and purchased on the Internet, almost two years ago. She has been living with me ever since, offering the opportunity to portray her on a daily basis, building a relationship with her light-driven moods and the always-mesmerizing expressivity of her inanimate-ness. The focus of this ongoing, serial documentary project is to symbolically and symbiotically catch glimpses of Humanity itself, yet furtive glimpses through the dialogue of our reciprocal regard – or, to detect in the inanimate the animate, and to find presence beyond mere appearance. As mirror, and as simulation, Mila’s darker moods (as those of mannequins in store windows all over the world) reflect our own sometimes catatonic condition. Her more festive moments, in turn, are peculiar characterizations of other times and other places, an elsewhere effected primarily through her playful (girlish) choice of hairstyle, makeup, and attire, while her return gaze is utterly beyond reproach and somehow mocks all attempts to document and/or fathom these moods.



Su qsto blog ho già condiviso mie riflessioni su alcune particolari coabitazioni di persone e bambole – si trattava di bambole erotiche o giù di lì (basta cercare all’interno del blog con le parole-chiave “real doll”, “sex doll” o anche “dummy”). Ma qllo di Gaialight and Mila è un caso diverso. Mentre la prima è un’artista visuale sensibile all’infinita riproducibilità delle esperienze, l’altra è una specie di bambolona gigante – un bellissimo manichino vintage da vetrina a grandezza naturale – e girano il mondo insieme. Mila diviene una specie di osservatore in seconda al fianco di Gaia, e rispecchia trasformazioni. Ma leggete la dichiarazione dell’artista qui sotto (NB: mia traduzione) 

THE MILA PROJECT/IL PROGETTO MILA

Mila è un manichino a grandezza naturale trovato e acquistato su  Internet circa due anni fa. Da allora vive con me, dandomi modo di ritrarla ogni giorno, costruendo un rapporto con i suoi umori dettati dalla luce e l’espressività sempre ipnotizzante del suo essere inanimata. Il focus di qsto progetto documentario continuativo e seriale è catturare, simbolicamente e simbioticamente, sguardi dell’Umanità stessa, e ancora sguardi furtivi tramite il dialogo del nostro reciproco guardarci – o scoprire l’animato nell’inanimato e trovare presenza oltre l’apparenza. In quanto specchio, e come simulazione, i momenti più cupi di Mila (come qlli dei manichini nelle vetrine di tutto il mondo)  riflettono la nostra a volte catatonica condizione. A loro volta invece, i momenti più festosi sono caratterizzazioni peculiari di altri tempi e di altri luoghi, un altrove primariamente realizzato per effetto delle sue giocose (infantili) scelte di acconciatura, trucco e abbigliamento, mentre lo sguardo che lei restituisce è totalmente al di là del rimprovero e in qualche modo mima tutti i tentativi di documentare e/o afferrare questi stati d’animo.


giovedì 13 marzo 2014

Carved Curves




Beyond paper dolls, beside Cardboard Ladies. Taking inspiration from Christian Tagliavini's Dame di Cartone, the blogger(s) named Sabine & Pierre-Paul Manosque 1) crafted doll-sized finely printed cardboard dresses, 2) created backgrounds to match and 3) made a beatiful shooting of these vinyl girls in bidimensional outfits. Please enjoy the full story, here. But what I really love, is how influencing and impactful a creative idea can reveal, how generous, alive and unpredictable the development of its interpretations. Knowing him, I wonder whether Christian, when he invented his series with models clad in papercut paradigmatic costumes, already wanted to create a visual statement. However, the Manosques just didn't imitate him, but translated the mood and the method in a different scale - a dollcultural one, this time - and challenged the deceptive passage from 2 to 3 dimensions as well.







Oltre le bambole di carta, accanto alle Dame di cartone. Ispirandosi appunto alle Dame di Cartone di Christian Tagliavini, i blogger chiamati Sabine & Pierre-Paul Manosque hanno 1) confezionato abiti da bambola in cartone finemente stampato 2) creato sfondi coordinati e 3) realizzato un magnifico shooting qste ragazze di vinile bidimensionalmente vestite. Godetevi l'intero servizio, qui. Ma ciò che veramente amo è quanto influente e d'impatto possa rivelarsi un'idea creativa, quanto generoso, vivo e imprevedible lo sviluppo delle sue interpretazioni. Conoscendolo, mi chiedo se Christian, quando ha inventato la sua serie con modelle abbigliate in costumi paradigmatici ritagliati, già volesse creare un punto di riferimento visuale. I Manosque cmq non l'hanno imitato, ma hanno tradotto il mood e il metodo in una differente scala - dollculturale, stavolta - e hanno così sfidato anche loro l'ingannevole passaggio tra le 2 e le 3 dimensioni.

domenica 5 gennaio 2014

ADOLLrable 2014, maybe

After a long #dollcultural silence, only occasionally interrupted by short posts here and at least nourished by a more interactive activity on facebook and an even more intense real life, a few bits and pieces from the past year, trying to imagine an aDOLLrable 2014, too. I commit myself to other dollcultural explorations in doll-contiguous realms.


An architectural OOAK doll house. This one, by Adjaye Associated, in collaboration with Base Models and the artist Chris Ofili, is the most doll-housish of all. It's part of a charity auction to raise funds for KIDS, an association supporting disabled children and their families. The other projects were, in my opinion, mostly too self-referential to the architect's mood - not attractive, not usable, not made for play. More in this gallery.



The eternal idea of double, Doppelgänger, mini-me, finds now a new name in "selfie". And OK, dolls can be selfies. Some of them are statuettes, some are BJDs, and incredible looalike of their human original. Would you immortalize yourself or a beloved one in a doll? Or are you allergic to fetishes? 


Leaving lookalikeness apart, there is something extremely languid and introspective in certain OOAK dolls, possibly not made for play - or who said it, who knows? This is the case with my articulated resin doll by Veronica Menna aka Strawberryjdolls. When you hold her in your hands, you would say she's made with little, lovely bones.
 *
Dopo un lungo silenzio #dollculturale, solo occasionalmente interrotto da brevi post qui sul blog, e almeno alimentato da un più interattivo movimento su facebook e da una vita reale ancora più intensa, ecco qualche spizzico e boccone dell'anno passato, mentre provo ad immaginarmi un aDOLLrabile 2014. Nel nuovo anno mi propongo altre esplorazioni #dollcultural in regni doll-contigui.


Casa di bambola OOAK d'architetto. Quella all'inizio del post, di by Adjaye Associated, in collaborazione con Base Models e con l'artista Chris Ofili,è la più casa-di-bambolesca di tutte. Fa parte di un'asta benefica per raccogliere fondi a favore di KIDS, associazione che aiuta materialmente dei bambini disabili e le loro famiglie. Gli altri progetti erano, a mio parere, perlopiù troppo autoriferiti al mondo dell'architetto - non attraenti, non usabili, non fatti per giocare. Cmq, ecco molto altro in questa gallery.


L’eterna idea di doppio, sosia, mini-me, trova ora un nuovo nome in "selfie". E vabbè, le bambole possono essere dei selfie. Alcune però sono statuette, altre delle BJD -  incredibilmente somiglianti agli originali umani. Vorreste eternare voi stessi o una persona amata in una bambola? O siete allergici ai feticci?



Lasciando la parte la somiglianza, c’è qlcosa di estremamente languido e introspettivo in certe bambole OOAK, magari neanche create per il gioco – o chi l’ha detto, chissà? –. Vale per la mia bambolina articolata in resina di Veronica Menna. A tenerla in mano, si direbbe fatta di piccoli, amabili ossicini. 

thx * Grazie Moviematica, Carlo Porrini, Veronica Menna and many others


giovedì 12 dicembre 2013

The doll life of Veronica


Veronica Menna and her totally handmade BJDs, I've already written about her: check this blog on June 16 in 2012. Now she has just been awarded a prize in Milan - V ConCorso Buenos Aires - and this evening her dolls will meet a new audience in Corso Buenos Aires Open Art Gallery. I wrote her catalogue presentation. I'm proud of this - young, not-ordinary, so sensitive - dollcultural creator.


Veronica Menna e le sue BJD completamente fatte a mano. Di lei ho già scritto, andate a  vedere il post del 16 giugno 2012. Ora ha appena vinto un riconoscimento qui a Milano - al V ConCorso Buenos Aires - e stasera le sue bambole incontreranno un nuovo pubblico, presso la Open Art Gallery. Ho scritto la sua presentazione per il catalogo. Sono orgogliosa di qsta creatrice dollculturale - giovane, non banale, così sensibile.

COMUNICATO STAMPA



MOSTRA DEGLI ARTISTI FINALISTI




V° CON/CORSO BUENOS AIRES
 
 
MOSTRA A CURA DI
ALEXANDRA MATVEEVA
 
 
INAUGURAZIONE
05.12.2013

ORE 18.30
 
 
05.12.2013 – 05.03.2014
COMUNICATO STAMPA
Giovedì 5 dicembre 2013 alle ore 18:30 la galleria Open Art Milano inaugura la mostra collettiva dei 23 finalisti della quinta edizione del ConCorso Buenos Aires, curata da Alexandra Matveeva. Gli artisti appartengono a diverse discipline: pittura, scultura, grafica e fotografia/digital art. Quest’anno oltre agli artisti italiani, siamo lieti di presentare alcuni artisti stranieri, promuovendo e valorizzando così l’arte emergente nazionale ed internazionale.


Gli artisti sono:
MARTINEZ YIANIDY, MICALE ROCCO, PIAZZANI MARZIA, MENNA VERONICA, PATALOCCHI EMILIO, BONAZZI STEFANO, RATTI "RATZO" DAVIDE, MARCHI PAOLA, FISICARO LORENA, QUALTIERI REMO, CIVARDI ANNA PAOLA, CATTANI MARTA, CLEMENTE PASQUALE, PAOLINI ANNA, SANGALLI PAOLO, DAL CORSO FRANCESCA, PAPADIMOU MARIA, LIONETTI DAVIDE, MARCONATO GIANLUCA, DI LORENZO GIORGIA, LESTINI SARA, GROSSO EUGENIO, CELLA ANTONIO
 
 
Durante l’happening ci sarà la performance dell’artista armena Liana Ghukasyan e verrà realizzato un video della serata, che in seguito sarà visibile sul sito della galleria.

La mostra è ad ingresso gratuito e proseguirà fino al 5 marzo 2014.
Corso Buenos Aires,77 – Milano MI – Tel: 02.36525173 – info@openartmilano.it-www.openartmilano.it Da Lunedì a Sabato dalle 10:00 alle 19:00  

domenica 22 settembre 2013

Breathing together in a iron lung


 
Morbid” comes from the Latin word “morbus”, i.e. disease. But in this doll in its iron lung, dating back to 30s-50s, there’s nothing morbid. There is rather an intention that I would define tender, noble, responsible: making a child (and his/her family) understand the reality of an invalidating condition. Many times and in many ways, toys did help parents, physicians, teachers coping with such highly sensitive issues: by adopting an experiential medium; miniaturizing the same situation; giving the child an alter-ego, maybe even more seriously disabled, to watch over and to take care of.
This is the comment coming with this image as I’ve received it: “Teaching doll showing an iron lung, England, 1930-1950. This plastic doll in its own model iron lung was made in order to show child polio patients and their family the treatment the child would receive. An iron lung assists a patient whose breathing muscles have been paralysed by disease. Although the heyday of the iron lung was during the 1930s, 40s and 50s, some elderly polio survivors are still using them. The teaching doll was used at the Lord Mayor Treloar Orthopaedic Hospital in Alton, Hampshire, England. Founded in 1908, the hospital was originally opened to provide specialised treatment for children with orthopaedic conditions, mainly caused by tuberculosis and, later, polio. The hospital combined treatment of the physically disabled with education and schooling.”
*
“Morboso” deriva dal latino “morbus”, cioè malattia. Ma in qsta bambola nel polmone artificiale, anni ’30-50, non c’è niente di morboso. Anzi, c’è un intento che definirei tenero, nobile, responsabile: quello di far comprendere a un bambino (e alla sua famiglia) la realtà di una situazione invalidante. I giocattoli sono spesso venuti in soccorso in vari modi a genitori, medici, educatori, in simili questioni altamente sensibili. Facendosi tramite esperienziale. Riproducendo in piccolo la stessa situazione. Dando al bambino un alter-ego, magari anche più grave, da osservare e curare.
Traduco il commento a qst’immagine così come mi è stata segnalata: "Bambola didattica che dimostra come funziona un polmone artificiale. Inghilterra, 1930-1950. Questa bambola di plastica nel suo polmone artificiale fu fatta per mostrare ai bambini poliomielitici e alle loro famiglie le terapie che i piccoli pazienti avrebbero ricevuto. Il polmone artificiale assiste un paziente la cui muscolatura toracica è stata paralizzata dalla malattia. E benché il suo picco di utilizzo si sia verificato negli anni ’30,’40,'50, alcuni anziani malati di polio se ne servono ancora. La bambola didattica fu usata presso l’ospedale ortopedico Lord Mayor Treloar di Alton, Hampshire, in Inghilterra. Fondato nel 1908, l’ospedale fu in origine aperto per offrire terapie specialistiche a bambini con problemi ortopedici, principalmente dovuti alla tubercolosi e in seguito alla polio. L’ospedale univa alla cura dei malati anche l’istruzione e l’attività scolastica.”

Thx Maiter!

 

sabato 31 agosto 2013

Comfort food. Calories don’t count.

I don’t know if we all need comfort, but I do know we all need food.
Even a doll might need both of them in a parallele life, as this cute stop motion video** demonstrates (click here to view it now).
 


Comfort food is a love therapy, probably the last thing you would eat before you die. Not only nourishing, or rather nourishing your soul, it is the food you would choose to feel cuddled, remotivated, consoled, encouraged, brought back to childhood. Comfort food is not necessarily comfortable – it can be raw, scanty or insignificant to anyone else but you.  
 

No Seconds – Comfort Food e Fotografia is a solo photo exhibition now opening in Venice as the European première, featuring Henry Hargreaves work. This author from new Zealand, ex model and renowned for his extravagant and dissacrating research on food, by means of his images he also captures tranches de vie and inner life. The exhibition, curated by Chiara Casarin, includes in a consistent concept different groups of photos: comtemporary hi-tech devices treated like food (Deep Fried Gadgets series), the ritual snack of popstars before facing their audience (Band Riders series), the last supper of men sentenced to death (No Seconds series).  
 

The location itself is fascinating and significant - San Servolo was Venice’s historic psychiatric hospital, and is now living a new life as Museo della Follia (museum of madness).
 

Adding involvement to this experience, other events and guests have been scheduled, and a movie contest has been launched on the web. Its title is “L’ultimo desiderio” (i.e. the last wish) and asks participants to present their very own comfort food. All works will be up for voters online, and the 3 highest-ranking authors will be invited in Venice to prepare and share their video and recipe during a very special tasting. Check the official website highlighted below for updates and contest rules. GET INVOLVED!
 
 

Non so se tutti abbiamo bisogno di conforto, ma so che tutti abbiamo bisogno di cibo.
In una vita parallela, anche una bambola potrebbe volerli entrambi, come dimostra qsto video** in stop motion, venato di tenerezza (cliccate qui per vederlo)
 
 
Il comfort food è una terapia d’amore, probabilmente l’ultima cosa che mangereste prima di morire. Non solo nutriente, o piuttosto, nutriente per l’anima, è il cibo che scegliereste per sentirvi cullati, rimotivati, consolati, incoraggiati, riportati indietro all’infanzia. Il comfort food non è necessariamente confortevole: può essere crudo, scarso o insignificante per chiunque altro tranne voi.  
 

No Seconds – Comfort Food e Fotografia è una personale che inauguraa breve a Venezia come prima in Europa e mette in mostra il lavoro di Henry Hargreaves. Questo autore neozelandese, ex modello e già noto per la sua ricerca sul cibo eccentrica e dissacrante, appunto attraverso il cibo raffigura spaccati di vita vera e indizi di vita interiore. La mostra, curata da Chiara Casarin, unisce in un concetto coerente differenti gruppi di foto: accessori hi-tech contemporanei trattati come alimenti (v. serie Deep Fried Gadgets), lo spuntino rituale delle popstar prima di affrontare il pubblico (v. serie Band Riders), l’ultima cena dei condannati a morte (v. serie No Seconds).  
La sede stessa della mostra è affascinante e significativa - San Servolo è stato storicamente il manicomio di Venezia. E ora rivive come Museo della Follia. 
 

Per rendere quest’esperienza ancora più coinvolgente sono stati inseriti nel programma altri eventi e ospiti, ed è stato lanciato in rete un contest di filmati. Il suo titolo è “L’ultimo desiderio” e chiede ai partecipanti di realizzare un video raccontando il loro personale comfort food. Tutte le opere pervenute potranno essere votate online, e i primi 3 autori classificati saranno invitati a Venezia a preparare e condividere il loro piatto nel corso di una degustazione speciale. Per aggiornamenti e per il regolamento del contest si veda il sito ufficiale sotto evidenziato. PARTECIPATE!
 
 

 Informazioni utili
Titolo della mostra: Henry Hargreaves, No Seconds – Comfort Food e Fotografia
Soggetto promotore: Artmovie srl
Curatore: Chiara Casarin
Sede: Isola di San Servolo, Venezia
Inaugurazione: venerdì 6 settembre 2013, ore 18.00 (su invito)
Apertura al pubblico: dal 7 settembre al 24 novembre 2013
Giorni e orari di apertura: sabato e domenica, dalle 10.00 alle 18.30. Ingresso gratuito
Come arrivare: da San Zaccaria vaporetto linea 20 fermata San Servolo. Per gli orari visitare il sito
www.actv.it (ultimo vaporetto utile da San Servolo a San Zaccaria: ore 18.50).
Sito della mostra: events.artmovie.it
Sito del contest: contest.artmovie.it (coming soon)
Società San Servolo Servizi
041.2765001
 
 
** video: courtesy of Drea - Grazie!
 

 

 

 
 

 

 

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