lunedì 31 gennaio 2011

Another Pearl


The Vermeer thread is well alive, with the above further dollcultural interpretation of “Girl with a pearl earring”, this time by Mary Clayton, using a purposely repainted Barbie doll. Don’t know why this very painting, and not any other one, became so lucky and popular in the doll collectors’ community. Maybe because of the solitary, and yet interacting, subject. Or because of its colour palette. Or eternally because of the idea of surprise and seduction.
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Il filone tematico Vermeer è più che vivo, con l’ulteriore interpretazione dollculturale della “Ragazza con l’orecchino di perla” qui sopra, stavolta ad opera di Mary Clayton, che ha allo scopo ridipinto una Barbie. Non so perché proprio qsto dipinto, e non un qualsiasi altro, sia diventato così fortunato e popolare presso la community dei collezionisti di bambole. Forse per via del soggetto, isolato e tuttavia interagente. O per la palette di colori. O eternamente per l’idea di sorpresa e seduzione.

Thx Ross!

I posted many times on this painting. Just search “pearl earring” in the blog and you’ll see!
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ho postato più volte su qsto dipinto. Vi basta cercare nel blog inserendo “pearl earring” e vedrete!

domenica 30 gennaio 2011

Pediofobia. Portraits.


Ambivalence is always interesting. Lisa Chi, a young artist from Bergamo, focused on PEDIOFOBIA as an opportunity to draw contemporary portraits. Their exhibition ended (alas!) today at Bergamo polarexpo. Technically speaking pediophobia is the fear of dolls. Actually, Lisa Chi’s project (and her previous BAMBOLA video performance too) hits the overwhelming expectations of the mass-media society on beauty ideals, of which dolls emboby a good number of dichotomous aspects.

From the artist’s statement:
PEDIOFOBIA, 2009/2010

Dolls are rather absurd characters, exasperatedly beautiful in their unreal bodies and ethereal perfection. That is exactly what the society of mass-media demands: we must turn ourselves into icons of beauty, timeless girls, always well dressed and neat. However, the idea of female beauty is now mutating. It seems that, in the common imaginary, it's been reached a kind of saturation. New horizons arise, also thank to means as the Internet; open, free dimension where people can show their uniqueness through their imperfection.
I look for and I find so many images of new dolls on the network, among the photos uploaded on Facebook and Myspace, and then I paint them, in the attempt to capture the dichotomous aspect of their personality. Strong and fragile, sweet but aggressive. Dolls that, with all their might, claim their existence, dolls that are no longer willing to remain in those strict boundaries of schemes too narrow. And so the new ideals of beauty appear, along with those new horizons in which we can experiment our imagination.

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L’ambivalenza è sempre interessante. La giovane artista bergamasca Lisa Chi si è focalizzata sul tema PEDIOFOBIA come pretesto per disegnare ritratti contemporanei, la cui mostra chiude ahimè oggi al polarexpo di Bergamo. Tecnicamente parlando, PEDIOFOBIA è la paura delle bambole. In realtà, il progetto di Lisa Chi colpisce (e la precedente video performance BAMBOLA fa altrettanto) le sovrabbondanti aspettative della società mass-mediatica sugli ideali di bellezza, di cui le bambole incarnano un buon numero di aspetti contrastanti.

Nelle parole dell’artista:
PEDIOFOBIA, 2009/2010

Le bambole sono personaggi assurdi, di una bellezza esasperata fatta di corpi irreali ed eterea perfezione. Esattamente ciò che la società dei mass media ci chiede di diventare: icone di bellezza, bambine fuori dal tempo sempre curate e ben vestite. E' necessario chiedersi a cosa corrisponda oggi la femminilità, quell'intricato insieme di caratteristiche fisiche, psichiche e comportamentali giudicate dalla cultura occidentale come idealmente associate alla donna, e che la distinguono dall'uomo. Negli ultimi cinquanta anni le donne hanno preferito entrare nel mondo culturale maschile, anziché scegliere di ricollegarsi ad una genealogia femminile forte ma priva di potere sociale. Tuttavia, dopo anni di eccessi, l'idea di bellezza femminile sta mutando. C'è ormai una saturazione nel comune immaginario. Anche grazie ad internet si è aperto uno spazio in cui esibire la propria unicità attraverso l'imperfezione. Questo progetto nasce dalla ricerca di nuovi modelli di femminilità all'interno della rete. Le immagini vengono dipinte con l'obiettivo di catturare e celebrare la bellezza di queste nuove bambole e l'impossibilità di catalogarle in schemi troppo ristretti.



same topic on this blog, click here

giovedì 27 gennaio 2011

Safety-Pin-up


I was searching strange rings. This is not actually a proper ring. It’s a provoking disproportion, It’s a research on materials and expressions. Or maybe a research on pain.
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Cercavo anelli strani. Qsto non è propriamente un anello. E' una provocazione-sproporzione, è una ricerca su materiali ed espressioni. O forse una ricerca sul dolore.

Marianna Souza on flickr

domenica 23 gennaio 2011

(Dis)sacred doll


A S. Sebastian-themed contemporary art group exhibition is now on in Milan. Somehow, but not unexpectedly, S. Sebastian belongs to both sacred art e gay imagery, maybe due to the iconography depicting him as a strong, half-naked, wounded, suffering and ecstatic man. I happened to write an intro to Chan Park’s interpretation of this icon. I’m very conscious that it may provoke someone’s criticism because of the treatment of such subject. But I do register it as another relevant incursion of dolls in art. Here’s my text:

“Between ecstasy and torment – more ecstasy, would seem - ,
A powerful, silent, haloed, tatooed S. Sebastian.
All the motifs, colours, sacred art details
and the iconography of the pierced martyr,
here they are on the tough body of an action figure
showing it all summarized on his own skin:
but he’s not a statue, he can move.
Chan Park, half Japanese-half Corean visual artist now in Milan,
started from a poseable male doll to build
millimeter by millimeter a persona who is
filled with symbolic, erotic, mysterious pics.”

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Una mostra collettiva di arte contemporanea sul tema S. Sebastiano è ora in corso a Milano. In qualche modo, ma non inaspettatamente, S. Sebastiano appartiene sia all’arte sacra sia all’immaginario gay, magari a causa dell’iconografia che lo ha sempre descritto come un uomo forte, seminudo, ferito, sofferente ed estatico. Mi è capitato di scrivere una intro all’interpretazione che di qsta icona ha fatto Chan Park. So che potrebbe provocare critiche da parte di qualcuno per il trattamento di un simile soggetto. Ma io la registro come un’ulteriore rilevante incursione delle bambole nell’arte. Ecco il mio testo:

“Tra estasi e tormento - più estasi, sembrerebbe -
un San Sebastiano possente, silente, aureolato, tatuato.
I motivi, i colori e i dettagli dell’arte sacra
e l’iconografia del martire trafitto da frecce,
eccoli sul corpo tosto di un’action figure maschile
che porta tutto in sintesi sulla propria pelle:
ma non è una statuina, si può muovere.
Chan Park, artista visuale nippo-coreano ora a Milano,
è partito da un bambolotto articolato per costruire
millimetro dopo millimetro un personaggio
ricoperto di figure simboliche, erotiche e misteriose.”


location:
www.pierpourhom.it

lunedì 17 gennaio 2011

Just Justin


Are we sure that a Justin Bieber singing doll is a must-have? I’m not into pop celebs, and I just have an idea of what this guy means in terms of (fleeting, I suppose) web popularity. Someone thought it had to be dollified too - serially dollified, for the pleasure of his fans, taking for granted that they are happy with the doll likeness. Which fans, I wonder: young girls? Naaah. Male adult collectors? Uhm. Maybe the tween segment. But I think this segment would rather play with the real JB. Sincerely, I don’t know, don’t have, must not.
*
Siamo sicuri che una bambola cantante di Justin Bieber sia doveroso averla? Io non m’interesso più di tanto di celebrità pop, ed ho giusto un’idea di che cosa qsto ragazzino significhi in termini di (fugace, suppongo) popolarità sul web. Qualcuno ha però pensato che lo si dovesse bambolizzare, in serie, per il piacere dei fans, dando per scontato che la somiglianza della bambola li soddisfi. Quali fans, mi chiedo: le bambine? mmmh. I collezionisti maschi adulti? mmmh. Forse per le adolescenti. Ma mi sa che qsto segmento preferirebbe giocare con JB in carne ed ossa. Sinceramente, non so, non ho, non sono tenuta ad avere.

THX, Vito :)

venerdì 14 gennaio 2011

Pin-up-ware



What are these dollyish and burlesque porcelain legs doing when popping up from a cream bowl (an upside-down figurine whose skirt makes the bowl itself), from a tea pot, or elegantly kicking on the top of a cakestand? They are just tempting you. These white and fine porcelain pieces are all part of the Blaue Blume tea service designed by Tina Tsang for Undergrowth Design, and handmade in London. I find that there is much of dollcultural when you look for istance at the doll's head at the basis of the cakestand: isn’t it Blythish? Oh, had I seen this before METAMORFOSI contest, that would have been a good provocation. Too good that our contestant Charlye & Teddy’s Bly-tea cup went in the same creative direction of deconstructing a doll to make it fine porcelain-ware.


Che cosa ci fanno qste gambe bambolose e burlesque fuori da una coppa da gelato (una donnina a testa in giù la cui gonna è appunto la coppa), da una teiera, o che sgambettano eleganti dalla cima di un’alzatina? Semplice, vi stanno tentando. Tutti questi pezzi di fine porcellana bianca fanno parte del servizio da té Blaue Blume disegnato da Tina Tsang per Undergrowth Design e sono stati fatti a mano a Londra. Trovo che ci sia molto di dollculturale in essi, basterebbe guardare per es la testa di bambola alla base dell’alzatina: non è Blythica? Oh, se l’avessi vista prima del contest METAMORFOSI, sarebbe stata una buona provocazione. Per fortuna però che la tazzina Bly-tea dei ns 2 concorrenti Charlye & Teddy andava nella stessa direzione di disfare una bambola per farne servizio buono.

mercoledì 12 gennaio 2011

Ana-bell and the Perfect Girl


What would YOU do to prevent anorexia in teen-, or even in preschool age? Creative people from McCann Erikson in Czech Republic created an ad introducing the “Perfect Girl” doll. This is not at all a new concept. It’s a much exploited one in the Barbie art environment. The image above is apparently photoshopped and its execution doesn’t convince me. Do you really think that these elements - a skinny body but a smooth and almost chubby face, a sexy candy-pink outfit, an incongruously full and healthy hair, a coffin as a box and the notice of “low durability” on it – effectively convey the message? It seems to me more a divertissement than an warning, at the risk of being taken as the compaign to launch a funny and a bit creepy toy to collect. The real interesting thing to me as a copywriter is the graceful and allusive Foundation name, i.e. Anabell. “Ana” is in fact the keyword for anorexia in the related community, but here does suggest a girl’s name, hopefully not a plastic or dead girl’s name.
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Cosa fareste VOI per prevenire l’anoressia adolescenziale, o addirittura in età prescolare? Alcuni creativi della McCann Erikson nella Repubblica Ceca hanno inventato la pubblicità della bambola “Perfect Girl”. Non è un concetto nuovo. Anzi, è un concetto ipersfruttato nell’ambiente della Barbie art. L’immagine qui sopra è con ogni evidenza photoshoppata e la sua esecuzione non mi convince. Credete veramente che questi elementi - corpo scheletrico ma faccina liscia e quasi paffuta, completino sexy rosa-caramella, capelli folti e sani in modo incongruo, una bara per scatola con sopra l’avviso di “breve durata” - trasmettano con efficacia il messaggio? Mi sembra più un divertimento che un avvertimento, col rischio di essere preso per il lancio di un nuovo giocattolo carino da collezionare, con un po’ di brivido. Il dato veramente interessante per me come copywriter è l’aggraziato e allusivo nome della fondazione, cioè Anabell. “Ana” è infatti la keyword che sta per anoressia nella community degli adepti, ma qui suggerisce un nome di ragazza, si spera non di plastica, o morta.

“perfect Girl” Concept by
Agency: McCann Erickson, Prague, Czechoslovakia
Creative Director: Lars Killi
Copywriter: Jaromir Fischer
Art Director: Alla Havlickova
Photographer: Goran Tacevski

Thx, moviematica!

lunedì 10 gennaio 2011

Giambattista Vico and Barbie?


The facts: January 4th to 16th, Naples: 150 vintage Barbies entwined with 50 years of story. Curated by Neapolitan top collector Antonio Russo, the exhibition is hosted in the very heart of Naples: the church of San Gennaro all’Olmo in via San Gregorio Armeno, the street of the typical crèche makers. Free entrance.

Beyond these facts, beyond the attractiveness of the location and beyond the collection sample exhibited, the newspapers tend to reduce the news to the number of dolls, talking about the rare 1959 #1 Barbie as it was the same as the ultraserial Armani Barbie. Both the dolls document an evolution, it's sure, but what the visitor should be given are the tools to differently appreciate what was created as a toy (the first Barbies) and what is being produced to be marketed and marketed and marketed (contemporary collectibles). And I know that Antonio, president of Doll Collectors’ Club Italia, has this point well clear in mind, committed to show the cultural influence – per se nor good, neither bad - of the most famous fashion doll. Interestingly, the event is hosted by the Giambattista Vico Foundation, the philosopher who researched on the dynamics of the universal history progress.
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I fatti: dal 4 al 16 gennaio 2011 a Napoli, 150 Barbie originali intrecciate con 50 anni di storia. Curata dal top collector napoletano Antonio Russo, la mostra è ospitata presso la chiesa di San Gennaro all’Olmo in via San Gregorio Armeno, ingresso gratuito.

Al di là dei fatti di cui sopra, al di là dell’attrattività del luogo e del campione di collezione esibita, i giornali tendono a ridurre la notizia al numero di bambole, parlando della rara Barbie #1 del 1959 come se fosse sullo stesso piano dell’ultraseriale Barbie Armani. Entrambe le bambole documentano un’evoluzione, qsto è sicuro, ma ciò che si dovrebbe dare al visitatore sono gli strumenti per apprezzare in modo differente ciò che fu creato come giocattolo (le prime Barbie) da ciò che viene prodotto per essere venduto e venduto e venduto (le bambole da collezione contemporanee). Io so che Antonio, presidente di Doll Collectors’ Club Italia, ha ben chiaro in mente qsto punto, impegnato com’è a dimostrare l’influenza culturale – di per se stessa né buona, né malvagia – della fashion doll più famosa. Non a caso, padrona di casa è la Fondazione intitolata a Giambattista Vico, il filosofo che riflettè sulle dinamiche del progresso della storia universale.

50 anni di Barbie a Napoli: h 11.00 > h13.00 + h16.30 > h18.30

sabato 8 gennaio 2011

Gloomy snowglobes


Despite its fame as a kitsch object, a snowglobe (boule à neige, if you prefer) can stage interesting images. These, almost all with a gloomy, ghostly twist, are from the work of Walter Martin and Paloma Muñoz. The snowy wonderland is there converted in the scene of a crime, or in a somehow incongruous landscape, where miniature characters (those model-making human beings) in summer clothing live their miniature lives among the miniature accidents, miniature solitudes, miniature absurdities you giant outside contemplate.
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A dispetto della fama di oggetto kitsch, la palla di neve (boule à neige, se preferite) può inscenare immagini interessanti. Qste, quasi tutte con un’intonazione cupa, fantasmatica, fanno parte del lavoro di Walter Martin and Paloma Muñoz. E così il magico mondo innevato si converte nella scena di un crimine, o in un paesaggio in qlche maniera incongruo, dove personaggi in miniatura (quei piccoli esserini usati nel modellismo) in abiti estivi vivono le loro vite in minatura tra gli incidenti in miniatura, le solitudini in miniatura, le assurdità in miniatura che voi giganti là fuori contemplate.

martedì 4 gennaio 2011

Dramatis personae: dolls


The doll photo-story is a well defined and well known genre of variable quality, depending on authors and means. This pic is from Allegra, an excellent example just found on flickr from Em’lia, from Finland - so interesting for its accuracy, taste and plot. Extremely contemporary under all aspects. Too bad the bastard character is Italian! mmmh, I’ll have to expand the concept on fashionblabla… (only in Italian for the moment)
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Il fotoromanzo con bambole è un “genere letterario” ben definito e diffuso, di qualità variabile a seconda degli autori e dei mezzi di cui dispongono. Quest’immagine viene da Allegra, un esempio eccellente appena trovato su flickr della finlandese Em’lia – veramente interessante per accuratezza, gusto e intreccio. Molto contemporaneo in tutti gli aspetti. Mannaggia però, il personaggio bastardo è italiano! Mi sa che dovrò espandere il concetto su fashionblabla…

domenica 2 gennaio 2011

Other still lovers - La poupée automate


La poupée automate, i.e. the automaton doll, and we don’t know yet if it’s a sex doll – incredibly acted by an actress as a double – is starring in one of the most moving episodes of Federico Fellini’s Casanova. The now old Seducer dances with her, then wants to know how she is done, and inevitably possesses her in a powerful crescendo of solitude. Hence, are these dolls, as eternal still lovers, the last defeat for lonely people, are they an ultimate resource, or rather an useful dreadful illusion?
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La poupée automate, ovvero la bambola meccanica, che ancora non sappiamo se sia una bambola erotica o no – incredibilmente animata da un’attrice come controfigura – è la protagonista di uno degli episodi più toccanti del Casanova di Fellini. L’ormai invecchiato Seduttore danza con lei e poi vuole sapere come è fatta e inevitabilmente la possiede, in un crescendo potente di solitudine. Da qui il pensiero se qste bambole, eterne mute amanti, siano per gente sola la definitiva sconfitta, l’ultima risorsa, o piuttosto un’utile raggelante illusione?

Casanova : Donald Sutherland
La poupée automate: Adele Angela Lojodice

View the scene * la scena, da vedere

sabato 1 gennaio 2011

Still Lovers


What do you see at first sight? What I did see, I’ll tell you later. Elena Dorfman, author of these images depicting the intimate and domestic lives of men and women who live with life-sized silicone sex dolls, saw remarkable beauty in such an under-examined subject. “Just by keeping the line of inquiry open” - these are the artist’s words - “I have been able to make images that raise questions.” Yes, questions. Like where is the aberrant in living with (and feeding, fitting, dressing etc…) a Real Doll – since it’s declaredly a sex doll, a still lover. Like what is intimacy, something shared in a couple or something unilateral, hidden, silent, then shown off to an audience thru the photographer. Or like where is the difference between a sex doll and an anatomically correct doll, is it a behavioural-dimensional one? What actually impressed me at first sight, as a punctum in R. Barthes’ meaning, was the dolls’ “flesh”, with flaws and dents and welding lines, so similar to scars on human skin. So fragile.


Cosa vedete a prima vista? Cos’ho visto io, ve lo dico dopo. Elena Dorfman, autrice di qste immagini sulla vita intima e domestica di uomini e donne che vivono con bambole erotiche di silicone a grandezza naturale, ha saputo vedere una notevole bellezza in un soggetto così poco trattato. “Semplicemente lasciando aperta la linea dell’indagine” – sono parole dell’artista – “sono riuscita a realizzare immagini che pongono delle questioni.” Questioni, sì. Tipo dov’è l’aberrazione nel vivere (e nutrire, acconciare, vestire, etc) una Real Doll – che è dichiaratamente una bambola per fare sesso, una muta amante. O tipo che cos’è l’intimità, qualcosa di condiviso in una coppia o piuttosto qualcosa di unilaterale, nascosto, silenzioso, poi però dato in pasto ad un pubblico per mezzo del fotografo. O tipo dov’è la differenza tra una sex doll e una bambola anatomicamente corretta, è una differenza di comportamento e scala dimensionale? In realtà ciò che ha più impressionato me a prima vista, come un punctum in senso barthesiano, è stata la “carne” delle bambole, con difetti e taglietti e linee di saldatura, così simili a cicatrici su pelle umana. Così fragile.


Punctum: an additional, not necessarily intentional element in a photo that is emotionally moving YOU. * Punctum: un elemento che in una foto sia supplementare, non necessariamente intenzionale, ma capace di toccarti emozionalmente.


Elena Dorfman, STILL LOVERS. Some of them now in Milan, at Triennale.
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